Pedagogia e Lockdown
Nuovi paradigmi educativi in epoca Covid-19
Il lavoro che segue intende fornire una panoramica sul rapporto tra pedagogia e lockdown. Durante il periodo in oggetto, il setting scolastico ha subito modifiche che hanno interessato tutti gli attori coinvolti: studenti, docenti, genitori.
La comunicazione triarticolata ai tempi del lockdown.
Marzo 2020: nessuno avrebbe mai potuto immaginare uno scenario come quello che ci siamo trovati ad affrontare. La scuola, il lavoro, la routine quotidiana. Tutto andava ripensato.
Ma come ci si deve comportare quando si fanno i conti con qualcosa che non prevede pause?
Quando si parla di processo educativo, di esseri umani in formazione, come si affrontano quelle distanze?
Genitori, maestre e bambini si sono trovati ad affrontare una nuova sfida tenendo saldo l’obiettivo comune: continuare un cammino precedentemente intrapreso – quello della crescita, dello sviluppo, dell’apprendimento – tramite una vicinanza non certo fisica, ma percepita come presenza grazie all’utilizzo dei mezzi di comunicazione più disparati.
In questo quaderno digitale analizziamo come tale comunicazione triarticolata abbia dovuto adattarsi al contesto ed evolversi.
Il personale scolastico ha ridefinito il significato individuale e collettivo della comunicazione: un’identità da costruire attraverso un percorso condiviso.
Ridefinizione della comunicazione tra alunni e insegnanti
Durante il lockdown la comunicazione si è trasformata radicalmente. Il mondo della scuola, che da sempre ha concepito l’insegnamento come un’attività che passa attraverso la copresenza di studenti e docenti nello stesso luogo fisico, ha affrontato un cambiamento che tocca le basi dell’essenza pedagogica. La comunicazione tra insegnanti e studenti, mediata da uno schermo, ha cercato di rimanere costante e questo è stato possibile grazie alla condivisione di obiettivi, intenti e canali.
La relazione comunicativa si basa su un patto educativo che demanda al docente il compito di organizzare gli ambienti di apprendimento. Nella nostra esperienza tutto il personale scolastico ha ridefinito il significato individuale e collettivo della comunicazione: un’identità da costruire attraverso un percorso condiviso.
Il significato del linguaggio comunicativo è stato oggetto di continue modifiche: se il sapere passa attraverso la tecnologia, è necessario che ogni studente abbia accesso ai supporti tecnologici e che impari a farne uso in maniera seria e responsabile.
Ma di cosa parliamo, quando parliamo di comunicazione? I docenti hanno dovuto imparare a comunicare non più in presenza di una platea, abbandonando il criterio comunicativo basato sulla prossimità e sulla vicinanza.
A tal proposito è utile citare una metodologia nata e applicata nel contesto universitario ma che risulta valida anche per i gradi di istruzione inferiori: il M.I.T.E. Tale metodologia, nata nell’Università degli Studi Roma Tre all’interno dell’insegnamento di Pedagogia generale e di Pedagogia interculturale, è basata sull’interazione di persone, abilità, contesti ed è un filo rosso che segna il cammino dei processi pedagogici e comunicativi che mettono al centro le idee degli studenti.
Un’interazione che ha influito sui tempi della comunicazione: durante la scuola in presenza si comunica in modalità sincrona e nelle ore di presenza a scuola; durante il lockdown, invece, il flusso comunicativo è stato incessante in quanto molte attività avvenivano in modalità asincrona e il feedback del docente travalicava le ore di lezione. Una comunicazione di questo tipo, con tempi e priorità diverse, sancisce un approccio multiplo alla stessa e mette in campo competenze precedentemente non richieste.
“Non si può non comunicare” (Watzlawick)
La comunicazione è l’elemento fondante della vita sociale.
Attraverso la comunicazione il bambino già dai primi mesi, con l’emissione di suoni semplici e ripetuti (lallazione), tenta di instaurare un rapporto con la mamma la quale a sua volta sarà la prima fonte di ispirazione per lo sviluppo del linguaggio e del senso comunicativo.
Inizialmente l’infante utilizzerà suoni di base per esprimere bisogni primari, nel corso del tempo svilupperà la comunicazione in maniera progressiva grazie al rapporto dialogico con il gruppo dei pari e delle insegnanti all’interno del contesto scuola.
In questo ambiente il bambino tenderà ad ampliare il suo lessico, esprimere emozioni e sentimenti in maniera equilibrata e a comprendere i momenti di intervento durante una discussione, nonché a relazionarsi più in generale con la socialità.
La LIS, lingua dei segni italiana, è una vera e propria lingua e non un linguaggio!
Livelli comunicativi
Tre sono i livelli comunicativi: Verbale: ciò che si dice o si scrive; Paraverbale: il modo in cui qualcosa viene espresso (tono, volume della voce); Non verbale: tutto ciò che viene trasmesso attraverso la postura, la mimica facciale, la gestualità.
Educazione estetica
Comunicazione non verbale: la Lingua Italiana dei Segni (LIS).
La LIS, lingua dei segni italiana, è una vera e propria lingua con proprie regole grammaticali, morfologiche, sintattiche, lessicali che viaggia attraverso il canale visivo-gestuale, integro nelle persone sorde. La LIS si articola con i segni ed è costituita dall’alfabeto manuale (o dattilologia) e dai cheremi, ossia, i parametri formazionali suddivisi in componenti manuali e componenti non manuali. Cosa e quali sono queste componenti?
Componenti Manuali:
Configurazione (forma che assume la mano quando si esegue un segno); Luogo (dove si articola il segno – corpo del segnante e spazio neutro); Orientamento (direzione delle mani rispetto al corpo del segnante e l’orientamento del palmo); Movimento (delle mani).
Componenti Non Manuali:
Espressione (facciale ed emozionale); Postura (del corpo); Movimento (delle spalle e della testa); Sguardo.
i colori
L’assistente alla comunicazione fa da “ponte comunicativo” tra alunno, compagni e insegnanti e utilizza strategie per condurre il bambino all’autonomia, all’inclusione e all’integrazione nella scuola.
L’alfabeto manuale
Questi video sono esempi di lezione in LIS e IS, italiano segnato, registrati durante il lockdown da Federica (alcuni elementi tratti dal video YouTube “Giochiamo a imparare la LIS” di wordsandhands)
Ciò è stato possibile grazie ad una comunicazione efficace, che ha preso come stella polare le esigenze dei bambini e li ha condotti ad esprimere emozioni e ad affrontare paure fisiologiche fino ad esorcizzarle, continuando il loro percorso di crescita.
Comunicazione: strumento imprescindibile nella creazione di occasioni educative
La pandemia ci ha messo di fronte ad un’evidenza che troppo spesso dimentichiamo: ci sono dinamiche su cui non abbiamo il controllo. Tuttavia, dal punto di vista pedagogico, è possibile prenderne atto e trasformarle in occasioni educative, proprio come è stato fatto dai genitori e dalle maestre di cui portiamo le testimonianze. Nel far questo, genitori, figli e insegnanti si sono rimessi in discussione iniziando un cammino fatto di nuove strategie comunicative.
Perché è importante comunicare?
Gli esperti invitano a non avere paura di parlare del Coronavirus in quanto i bambini assorbono emozioni e stati d’animo e se avvertono problematiche di cui non si sentono partecipi, si sentono frustrati e impotenti.
I bambini vanno aiutati ad esprimere i propri dubbi e curiosità, e i genitori dovrebbero coinvolgerli fornendo loro mezzi che li aiutino a gestire le paure e comprendere meglio la realtà che li circonda.
A fronte della pandemia, la scuola ha dovuto in breve tempo adattarsi riprogettando le modalità didattiche, mantenendo ben saldo il principio di inclusività: il file rouge che tiene legati i bambini con tutti gli attori che si prendono cura di lui.
Comunicazione e disabilità: verso una crescente inclusività
A fronte della pandemia, l’istituzione scolastica ha dovuto in breve tempo adattarsi riprogettando le modalità didattiche e mantenendo ben saldo il principio di inclusività che diventa il file rouge che tiene legati i bambini, in special modo disabili, con tutti gli attori che si prendono cura di lui.
Le disabilità sono molteplici e necessitano tutte di interventi mirati, senza tralasciare la specificità personale del bambino in carico. Spesso l’ostacolo maggiore che si trovano davanti insegnanti ed educatori nell’organizzazione quotidiana e didattica della vita scolastica di un bimbo è riconducibile ad una scarsa comunicazione con la famiglia; Rosenbaum (2004) e la metodologia M.I.T.E. successivamente, parlano di “Family Centered” nel quale si pone l’attenzione sulla correlazione comunicativa attiva tra famiglia, scuola e specialisti infantili.
Questa teoria riscontra delle difficoltà di attuazione che spesso non permettono azioni di concerto. Il dover rimodulare l’erogazione del servizio didattico ha portato dei passi avanti da questo punto di vista. Utilizzare strumenti tecnologici per un bambino equivale necessariamente a coinvolgere la famiglia, la quale non può lasciarlo solo perché ancora non padroneggia bene il mezzo comunicativo utilizzato; ciò ha comportato una evoluzione nella dialogica tra scuola e ambiente domestico e la comunicazione tra gli attori che hanno in carico il minore è diventata finalmente funzionale e attiva, ottenendo un continuum scuola famiglia necessario soprattutto nelle situazioni di fragilità.
L’esperienza di Sharon
Vogliamo riportare la testimonianza di Sharon, che lavora come educatrice scolastica da alcuni anni, quindi si occupa della socialità, dell’inclusione e dello sviluppo delle autonomie dei bambini disabili.
A. è un bambino con autismo severo e gravi difficoltà di linguaggio, da circa 3 anni a scuola utilizziamo il metodo della Comunicazione Aumentativa Alternativa (CAA): uno strumento che si basa sulla correlazione tra parola e immagine (pittogramma), quindi il simbolo accompagna visivamente e oralmente il linguaggio verbale standard, potenziandolo.
Ovviamente per utilizzare questo metodo è necessario che il bambino abbia acquisito competenze comunicative elementari; è rivolto a persone con disabilità gravi o meno, ma è un valido aiuto anche nelle situazioni di diversità linguistica e culturale, perché attraverso immagini semplificate si aiuta a comprendere il concetto astratto di cui si sta parlando.
Acquisendo abilità comunicative sempre maggiori si dà l’opportunità al bambino di autodeterminarsi e diventare membro attivo di una comunità, nonché per gli specialisti che si occupano di lui di prevenire ed evitare comportamenti problema.
Fino al lockdown A. utilizzava questa metodologia solo nell’ambiente scolastico e terapeutico, mentre nell’ambiente familiare si tendeva ad utilizzare i metodi canonici di comunicazione; ciò portava a delle difficoltà per il bimbo nel coadiuvare queste due tipologie, entrando in confusione e presentando comportamenti problema.
Ad oggi A. utilizza ancora in tutti i suoi aspetti della vita la comunicazione in CAA, attraverso di essa ha imparato nuove parole arricchendole con significati sempre più astratti e complessi, migliorando la sua qualità della vita e il suo rendimento scolastico.
Cappuccetto Rosso raccontato da Sharon
In questi video registrati durante il lockdown, Sharon, educatrice scolastica racconta ad A. la favola di Cappuccetto Rosso in CAA. La comunicazione è diventata finalmente funzionale e attiva.
Genitori e figli: una nuova comunicazione affettiva
Il lockdown: da chiusura totale ad apertura relazionale
La chiusura imposta dalla pandemia ha fortemente inciso sull’ambito familiare che, influenzato dall’incertezza, si è ritrovato in una grande precarietà emotiva in cui genitori e figli si sono sentiti spaesati. Per alcuni genitori è stato difficile gestire i nuovi ritmi e adattare le proprie esigenze a quelle dei figli; altri hanno vissuto questo nuovo tempo come momento di opportunità di riscoperta familiare.
L’ambiente domestico, da sempre privato, si apre alla società. Mentre il mondo esterno si chiude in casa, quest’ultima diventa luogo e tramite per continuare a vivere la realtà esterna.
La casa si trasforma: i bambini partecipano alle video-lezioni in un ambiente ricco di distrazioni, che non riconoscono come scolastico; i genitori provano ad ottimizzare i tempi per conciliare le attività dei figli con lo smart-working. Mentre i bambini hanno voglia di tornare alla loro quotidianità, i genitori hanno anche il difficile compito di spiegare perché tutto è cambiato in modo così repentino.
Giorni di lockdown
Metodologia d'insegnamento
Soggetti della comunicazione
Obiettivo comune
Parliamo di numeri
Il progetto analizza la comunicazione trilaterale tra figli, genitori e insegnanti durante il lockdown. Grazie alla metodologia del M.I.T.E, essi hanno continuato a perseguire l’obiettivo dello sviluppo emotivo, cognitivo e psicofisico del bambino.
I numeri da evidenziare: 69 giorni di lockdown, 3 soggetti della comunicazione, 1 metodologia di insegnamento, 1 obiettivo comune.
Risorse e approfondimenti
Riferimenti bibliografici, risorse in rete e crediti fotografici.
Risorse Bibliografiche e Web
Di seguito è possibile consultare le fonti, ovvero articoli e studi che avvalorano le testimonianze precedentemente riportate.
RISORSE ARCHIVISTICHE E BIBLIOGRAFICHE
Il Coronavirus visto dai bambini della scuola dell’infanzia all’aperto. Il nuovo stile di vita per esorcizzare la paura // link
Genitori con figli a casa: gli stati d’animo e gli effetti del lockdown // link
Pedagogia e didattica di Giuseppina Pizzigoni // link
Convivenza forzata: non tutto va malissimo, grazie alla quarantena impariamo a conoscere meglio i nostri figli // link
Com’è cambiata la famiglia nel difficile tempo del coronavirus? I bambini comprendono la situazione? Non bisogna avere timore a chiedere aiuto psicologico // link
Come aiutare i bambini durante la quarantena a casa // link
Chistolini S., Il Signor COVID-19 e il Signor PUFIC-20. Tra bene e male vince il bene e si trasporta il male. | Lecce, Youcanprint, 2020
Chistolini S., La corona di Virus. Il coronavirus raccontato dai bambini della Scuola dell’Infanzia | Lecce, Youcanprint, 2020
Chistolini S., Le avventure del virus COVID-19. Il campione del mondo e la solidarietà dei bambini | Lecce, Youcanprint, 2020
CONDIVIDI
Team di progetto
Autrici del Quaderno di Pedagogia Generale // Digito Dunque Sono // 012 // Studentesse di Scienze della Formazione Primaria, Università degli Studi Roma Tre
Federica Minna
Assistente alla comunicazione
Educatrice professionale socio-pedagogica, ora AssCom nelle scuole primarie.
Martina Monnanni
Studentessa
Sogna di poter insegnare ai bambini a sviluppare un pensiero fuori dagli schemi.
Sharon Micozzi
Educatrice
Ricopre il ruolo di educatrice scolastica per l’infanzia e la scuola primaria.
Teresa Mesoraca
Educatrice, pedagogista, insegnante
Educatrice professionale ed attualmente insegnante di scuola dell’infanzia.
Viviana Minori
Docente
Insegnante di materie letterarie nella scuola secondaria e di italiano L2.